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Celebrate le esequie di Paolo Balbo

Facendo seguito alla nota con la quale l’ATA dava notizia della scomparsa dell’indimenticabile Presidente Onorario Paolo Balbo riportiamo alcuni significativi momenti delle esequie, tenutesi il 19 dicembre u.s. nella Chiesa di S. Gaetano nel quartiere romano di Tor di Quinto. In un sobrio contesto, dominato da una folla di convenuti, spiccava il labaro dell’Associazione orientato verso il feretro in un ultimo addio. Nei primi banchi l’impareggiabile consorte Paola Bellini, i nipoti, figli delle sorelle Giuliana e Valeria, il Generale Alberto Rosso, alto rappresentante dell’Aeronautica Militare, il Presidente dell’ATA Ing. Renato Valle. Con loro soci ed amici che in decenni di comunanza hanno condiviso   con Paolo ideali, cultura e l’appassionato impegno a favore della memoria paterna. Seguivano nella grande navata tanti volti meno conosciuti o del tutto nuovi, tante persone che, nel ricordo di letture o di fugaci incontri in pubbliche manifestazioni, desideravano esprimere al nome e alla persona la loro desolata ammirazione.

Al termine del rito hanno preso la parola il Presidente Renato Valle, il dott. Daniele Ravenna e il Generale Alberto Rosso, che con voce intensa, adombrata dalla tristezza per la morte di un esperto e colto pilota, ha letto la preghiera dell’aviatore. Il Presidente ha voluto ricordare i tanti anni di lavoro comune dedicati all’affermazione dell’ATA, al ricordo delle grandi imprese aviatorie di Italo Balbo e delle personalità dei suoi collaboratori.

Per la ricchezza e la profondità dei contenuti riteniamo utile riportare integralmente l’intervento del dott. Ravenna, storico amico di Paolo, nonché affettuoso, attivo e competente sostegno nella sistemazione finale dell’archivio privato.   

 

A casa di Paolo c’è una foto bellissima, ripresa – mi aveva detto - nel cielo della Libia intorno al 1938. Si vedono, di spalle, il padre di Paolo, in uniforme, ai comandi dell’aereo – forse un S.81 -  e alla sua destra Paolo. I due si guardano.  Lo sguardo del padre è colmo di infinita tenerezza, quello di Paolo adorante. Ma negli sguardi che si incrociano c’è qualcosa di più: c’è anche complicità, gioiosa complicità. E c’è il sorriso di Paolo, quel sorriso dolce e ironico, con i denti superiori in vista, quel sorriso che lo ha accompagnato tutta la vita, fino all’ultimo istante, e che i suoi amici hanno tanto amato.

Chi avesse conosciuto Paolo solo negli ultimi anni avrebbe potuto ricavarne l’impressione di un uomo taciturno, distaccato, poco interessato alla realtà intorno. Ma bastava un accenno, e improvvisamente una sua parola – pur sempre con quella discrezione che è stata il segno distintivo di Paolo in tutta la vita – apriva l’illuminazione di una cultura profonda, uno sguardo attento e vivace, una curiosità inesausta, uno spirito avventuroso dalla dimensione vorrei dire quasi fanciullesca, che sorprendevano e affascinavano chi ne era messo a parte e reso complice.

Sui rovelli interiori, sulle sofferenze scaturite dai traumi vissuti nell’infanzia e nella giovinezza, dopo l’abbagliante parabola del padre, nulla possiamo dire, ma tutto sa Paola, la straordinaria compagna della vita di Paolo, suo vero pilastro.

Il quotidiano ferrarese che ieri ha ricordato Paolo ha scritto, nella forzata sintesi del titolo, “Addio a Paolo Balbo, pacifico erede della storia”. Mi è parsa una sintesi felice. Io aggiungerei “esempio di mite fermezza e antica signorilità”.

Mite fermezza nel rifiutare risolutamente ogni strumentalizzazione politica della figura paterna, fonte di conflitti e lacerazioni, al contrario adoperandosi in ogni occasione per la serenità e la pacificazione.

Mite fermezza nell’attendere con pazienza il sedimentarsi della memoria e la elaborazione della riflessione storica e del suo meditato giudizio.

Mite fermezza, nel contempo, nel battersi per difendere la memoria del padre da accuse che percepiva ingiuste e che tali, grazie a lui, sono state definitivamente acclarate.

Permettetemi di aggiungere qualche parola sul rapporto di Paolo con Ferrara, la città di origine della sua famiglia, alla quale tanti ricordi lo legavano e nella quale ha trascorso non poco tempo nella sua giovinezza. Un rapporto che, nel tempo, si era trasformato nell’animo di Paolo in un nodo sofferto, per la sua percezione di esserne respinto, ospite non gradito, solo perché figlio di suo padre.

Il nodo si è fortunatamente sciolto negli ultimi mesi, grazie anche a uno spontaneo atto di generosità di Paolo, cui la città ha subito risposto con gratitudine ed affetto. Una gratitudine e un affetto che lo stesso sindaco ha voluto testimoniargli personalmente. Così negli ultimi mesi Paolo è tornato più volte a Ferrara, riallacciando il filo di una memoria interrotta e ritrovando l’antica serenità.

La signorilità di Paolo, la sua schiva signorilità, non era un dato esteriore. Era profondo, sostanziale rispetto dei valori dell’amicizia ma anche di chiunque avesse di fronte. E così lui, che mai – immagino – avrebbe inteso ergersi a giudice o maestro, ci forniva quotidianamente un esempio e un modello.

 

Per la tua amicizia, Paolo, e per tutto questo ti sono profondamente grato.

 

Roma, 19 dicembre 2016, chiesa di San Gaetano

 

Daniele Ravenna